Ombretta Ciapini - Intervista di Leda Cesari
Il giorno 8 febbraio 2011 è stato presentato alle Officine Cantelmo di Lecce, a cura dei direttori dell’Istituto di Sophianalisi e di Antropologia Cosmoartistica di Manduria, Daniele Gabriele ed Anna De Nitto, il libro di Ombretta Ciapini , “Il femminile violato ed il coraggio di affrontare la morte per creare una identità che ancora non c’è”. Alla serata è intervenuta anche la responsabile del Centro Antiviolenza di Lecce “Renata Fonte”, Maria Luisa Toto. L’avvenimento è stato preceduto da una lunga intervista che la giornalista Leda Cesari ha fatto all’autrice del libro, pubblicato in sintesi nella pagina ‘Cultura e Spettacoli’ de “Il Nuovo Quotidiano di Puglia”.
Riportiamo qui di seguito l’intervista nella versione integrale.
D) Chi sono le donne del libro “Il femminile violato” e come si riconoscono nel loro apporto quotidiano alla vita?
Mi colpisce il fatto che rispetto al titolo del libro, “Il Femminile violato ed il coraggio di affrontare la morte per creare una identità che ancora non c’è”, ci si fermi sulle prime due parole, come se si potesse parlare delle donne in un contesto pubblico solo se sono state vittime di violenza da parte di uomini. La violenza di cui si parla in questo libro è quella patita rispetto alla propria identità femminile profonda, rispetto ad una progettualità negata, o comunque ostacolata, di sé come persone libere e creative. E’ una violenza che origina dalla famiglia, dalla società, dalla cultura, da profondi bisogni di accettazione e di approvazione, da comportamenti consolidati, da schemi mentali acquisiti ed immutabili sia nel mondo interno delle donne che in quello esterno. Fanno notizia donne abusate, maltrattate, violentate. Non fanno notizia donne che, partendo dalla propria storia e dai propri condizionamenti, scelgono di percorrere una strada che le conduca alla scoperta ed alla realizzazione di se stesse come artiste della propria e della altrui esistenza. Sono donne capaci di trasformare condizionamenti e traumi in nuova vita, in nuova bellezza. Con la frequenza ai Laboratori da me creati , e condotti con l’aiuto di Luisa Altomare, carissima amica ed eccezionale professionista, queste donne trasformano a tal punto la loro esistenza che partners, figli, amici e colleghi di lavoro ne restano colpiti, attratti e trasformati in molti casi. Le donne divengono allora artefici di sempre maggior benessere, materiale e spirituale, per se stesse e per le persone care.
D) Il dolore, passaggio obbligato per accedere alla bellezza della vita, come prerogativa esclusivamente femminile? E se sì, perché? E’ una legge di natura o il prodotto di una cultura profondamente anti-femminile?
Il dolore, come è comunemente inteso, non è passaggio obbligato per accedere alla bellezza della vita. E’ questa una formulazione che sottintende l’idea diffusa di noi come esseri umani destinati a soffrire, ad accettare e a subire tutto ciò che la vita ci manda. Per me, ciò che è determinante per trasformazioni alchemiche di ogni materiale esistenziale informe e privo di bellezza, è la decisione di come rapportarsi al dolore, di come poterlo e volerlo utilizzare, di come renderlo fecondo. Sia donne che uomini dispongono di un potenziale creativo sconosciuto a loro stessi. Sia donne che uomini possono decidere di iniziare ad attingervi, quando si presentano dolori che nascono dal male fisico, dal male morale e dal male esistenziale. Possono scegliere se amare od odiare la vita. Possono scegliere di sentirsene vittime, di rendere infelici se stessi e gli altri con continue sofferenze e rancori. Possono invece utilizzare la terribile fornace del dolore che accende e brucia mente, cuore ed anima per evolvere verso identità superiori, senza restare a come natura e cultura li hanno fatti. Essere riconosciute ed apprezzate in un processo trasformativo di questo tipo è più difficile per le donne che per gli uomini. Forse è proprio per questo, oltre che per altri fattori, che diviene loro più facile desiderare di poterlo fare.
D) Come può una donna di questo genere essere aiutata a superare il dolore e i traumi?
Non so a quale “genere” lei si riferisce. Se capisco bene è il “Femminile violato” di cui si parlava all’inizio. Quasi tutte le donne con le quali ho lavorato in passato, e con le quali lavoro oggi, rivelano, con il trascorrere del tempo, di essere state oggetto di molestie più o meno pesanti, in età infantile ed adolescenziale, da parte di uomini che facevano parte della famiglia e di una ristretta cerchia di amici. Ho verificato che è un dato molto diffuso nelle regioni meridionali. Il guasto più grave che ne ricevono è la convinzione di non essere meritevoli di amore, di essere sbagliate e negative, perché le molestie provengono da persone adulte dalle quali c’è una dipendenza affettiva. Da qui lo scarso rispetto che hanno di se stesse una volta adulte, da qui il cattivo rapporto che hanno con la loro sessualità e con gli uomini. Il raccontarsi, ricevere accettazione e solidarietà, far nascere una sorellanza basata su progetti e sogni da realizzare, sogni personali e sogni corali, tutto questo ha il potere di aumentare al loro interno autostima, fiducia e decisionalità rispetto a quello che vogliono e possono diventare: magnifiche donne che sanno risplendere di luce propria. Eventi come quello in programma venerdì pomeriggio, otto febbraio, promosso dall’Istituto ISACA di Manduria a Lecce, costituiscono un prezioso contributo per la crescita delle donne pugliesi, per la loro consapevolezza di essere un valore.
D) Di cosa si occupa dunque il Progetto Penelope?
Posso risponderle con alcuni passi della presentazione del libro: Sul prezioso telaio delle loro esistenze, le donne hanno intrecciato fili intrisi di dolore, di storie, di emozioni, lavorando insieme ad una nuova e splendente tessitura con arte, con amore e con saggezza. Sono donne del terzo millennio , appunto, donne che ambiscono ad una nuova tessitura esistenziale, capace di andare oltre il subire ed il prevaricare, donne che si sono innamorate del creare, per lasciare un segno nel processo evolutivo del loro tempo. Per rileggere il mito di Penelope mi sono ispirata al bellissimo libro del mio maestro, prof.Antonio Mercurio, che con il libro “Ipotesi su Ulisse” ha dato del viaggio di Ulisse nel mar Mediterraneo una nuovissima lettura. Se con questa intervista ho fatto nascere in lei e nei suoi lettori il desiderio di conoscere meglio la metodologia e la progettualità di “Progetto Penelope”, vi invito a venire a sentirci venerdì, alle ore 18.30, nella bella sede delle Officine Cantelmo. Il nome è in piena armonia con il nostro processo di “fucina esistenziale per recuperare la bellezza della vita e crearne di nuova”
D) Quanto c’è di autobiografico nel libro?
Tutto ciò che ho scritto, tutti i temi di riflessione che ho sollecitato, tutte le tappe di percorso esistenziale proposte alle donne che liberamente le hanno scelte, parlano della mia storia, dei miei vissuti, delle mie trasformazioni, del mio cammino di vita rispetto al quale mi considero ancora in viaggio, il viaggio per andare costantemente oltre.
L'AUTRICE
Ombretta Ciapini
Psicoterapeuta, antropologa cosmoartista ed ideatrice dei laboratori artistico-creativi di Progetto Penelope per le donne del terzo millennio.